Il mal di testa potrebbe essere il primo segnale di un futuro ipotiroidismo, la condizione dovuta all’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. Lo sostiene una ricerca della University of Cincinnati College (Stati Uniti).
Un’ipotesi plausibile? Lo abbiamo chiesto al dottor Marco Federico Manzoni, endocrinologo, Responsabile dell’Unità Funzionale di Medicina Interna e coordinatore dell’Area dei Tumori Endocrini, dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Tanti sintomi, generici e sfumati
“Le alterazioni della tiroide sono effettivamente associate a svariati sintomi, che sono per lo più aspecifici, cioè molto generici”, afferma lo specialista. “Nell’ipotiroidismo si possono avere stanchezza, disturbi dell’umore con tendenza alla depressione, difficoltà a digerire, dolore muscolare diffuso. Succede perché gli ormoni tiroidei hanno recettori sparsi nell’organismo: cuore, cervello, intestino…Una carenza di questi ormoni può quindi coinvolgere ciascuno di questi organi.
Il mal di testa: i meccanismi sono discussi
Anche il mal di testa è correlato a questa condizione. I meccanismi proposti dalla ricerca dell’Università di Cincinnati sono molteplici e non ancora completamente chiariti: i due più verosimili consistono in alterazioni del sistema immunitario e del sistema nervoso.
La verità, comunque, è che il collegamento tra i due disturbi non è sempre “obbligatorio”: il mal di testa e l’emicrania possono avere moltissime cause diverse, che meritano di essere approfondite prima di ipotizzare un disturbo tiroideo.”
Con l’ipertiroismo l’organismo spinge l’acceleratore
Anche l’ipertiroidismo può dare sintomi generici, ma di segno opposto: aumento dei battiti del cuore, disturbi dell’umore con tendenza all’iperattivismo, ansia, nervosismo: “Se la tiroide funziona “troppo” è come se si vivesse costantemente con il piede sull’acceleratore…”, commenta l’esperto. “Più rara rispetto all’ipotiroidismo, questa condizione consente interventi più risolutivi, se pur più invasivi, come la terapia con iodio radioattivo o la chirurgia”
Farmaci più facili da gestire
Quali sono, attualmente, le terapie per l’una e l’altra forma?
Ci sono novità? “Per l’ipertiroidismo negli ultimi anni non si sono avute sostanziali innovazioni”, afferma il dottor Manzoni. “Per l’ipotiroidismo, invece, la novità più rilevante riguarda la formulazione dei farmaci. Fino a qualche anno fa, infatti, la levotiroxina, cioè il principio attivo utilizzato per sostituire ciò che la tiroide non è più in grado di fare, veniva somministrata in pastiglie che richiedevano un’attenzione particolare: dovevano essere assunte al mattino a digiuno, era necessario attendere almeno mezz’ora prima di fare colazione (anche un semplice caffè poteva ostacolarne l’assorbimento), non potevano essere assunte in concomitanza con altri farmaci quali i gastroprotettori.
L’avvento delle “capsule molli”
Oggi lo stesso principio attivo si trova in forma liquida o gel nelle cosiddette “capsule molli”, caratterizzate da un più facile e rapido assorbimento. Il paziente può quindi contare su un trattamento più semplice da gestire e su una maggiore efficacia del farmaco. In ogni caso, una stretta collaborazione con l’endocrinologo è necessaria affinchè la terapia venga conditta nel modo più preciso possibile, modificando i dosaggi e i tipi di farmaco a disposizione sulla base delle esigenze di ogni singolo paziente”.